MIA MADRE SUPERNOVA

MIA MADRE SUPERNOVA (I will arise and go now)
Opere di Raniero Bittante e Massimiliano Fabbri
A cura di Serena Simoni
Inaugurazione: Giovedì 22 maggio ore 18.00

Inaugura giovedì 22 maggio alle ore 18.00 all’interno dell’Osservatorio sull’arte del Museo Lercaro Mia madre supernova (I will arise and go now) – una doppia personale di Raniero Bittante e Massimiliano Fabbri a cura di Serena Simoni, un progetto che presenta opere dedicate a uno dei grandi rimossi del contemporaneo ovvero la decadenza dei corpi e la perdita dell’identità: i due artisti, accomunati da una storia familiare simile – prendersi cura di madri affette da Alzheimer e Parkinson – affrontano l’indicibile in una mostra difficile e coraggiosa.
Oggi sembra difficile poter parlare di compiti, scopi o di legittimità dell’arte: le opere hanno quasi sempre dovuto tener conto di alcune regole non scritte – gradevolezza dei soggetti, materiali e tecniche abbordabili – adattandosi alle richieste del mercato. Lea Vergine, critica d’arte italiana, diceva che una caratteristica propria di ciò che chiamiamo opera d’arte è la sua condizione di “non essere ignara dell’ombra”. Questa è forse l’azione più interessante che l’arte possa mettere in campo. Le zone oscure sono tante, soprattutto in questa epoca dove ogni esperienza può essere posta sotto i proiettori, full time.
Partendo dalle proprie simili esperienze personali, la serie di lavori realizzati da Raniero Bittante e Massimiliano Fabbri rientrano in questa area, portando alla luce uno dei grandi rimossi della
“seconda rivoluzione individualista” – come la definisce il filosofo e sociologo Gilles Lipovetsky – ovvero la decadenza dei corpi. Per affrontare il vertice dei tabù occorre essere esperti nell’attività di cura, avere avuto in carico un corpo fragile – il proprio o quello di una persona cara – e possedere la consapevolezza che la realtà è diametralmente opposta alla narrazione sociale e alle proiezioni collettive fatte sui corpi, che si devono immaginare eternamente giovani, sempre funzionanti e perfetti.
Inabilità, invecchiamento, demenza senile, Parkinson, Alzheimer, sono parole utilizzabili in ambito medico o eventualmente nella sfera privata. Quasi non possono valicare la soglia del pubblico e rare volte sono state tematizzate nel mondo della creazione artistica. L’indicibile è salito alla luce nei lavori di Opalka, Anne Wilke, Katarzyna Kozyra, Gideon Mendel, Nan Goldin e in alcuni recenti film.
Con fatica e soltanto da pochi decenni, perché il pensiero della mortalità e del decadimento non è
piacevole e i loro processi non sono astratti ma piuttosto lenti, e nemmeno eleganti.
La mostra mette in luce l’esperienza della malattia ma indaga anche l’aspetto relazionale fra la persona malata e chi accudisce acuendo i tempi dell’osservazione, la ricerca retrospettiva interiore, la prossimità di affetti e di corpi, la reciprocità che dà contorno all’io e all’altro. In questi casi, la cura dei corpi è stata affidata a uomini, figli maschi, la cui esperienza indica con decisione una grande svolta dell’immaginario sociale che ha sempre delegato queste attitudini e disposizioni alle donne, quasi per natura.
Si parte da un verso di Yeats – I will arise and go now – che costituisce l’ultima frase pronunciata da
una donna irlandese affetta da Alzheimer prima di entrare nel silenzio definitivo della malattia: si tratta di una testimonianza estrapolata da quelle raccolte in un interessante progetto irlandese (Losing Myself) presentato alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2016.

Da qui si prosegue con l’indagine di Raniero Bittante che parodiando il Trattato logico filosofico di Ludwig Wittgenstein – da cui parte del titolo di una delle serie presentate – analizza il corpo della madre come elemento reale sfuggito al linguaggio, il mezzo che nomina e crea il mondo. Le piccole lastre di acciaio inox che lo compongono si presentano come un atlante delle deformazioni corporee del vecchio corpo materno. Alcuni pannelli alle pareti e i libri atlantici a terra – stretti da morsetti giganti – lo ripropongono in associazione a viti, bulloni, mattoni e morse, inutili strumenti per tenere insieme un corpo afunzionale. Neilla serie di Mother’s Cave le immagini sono prodotte da una stampante laser manomessa e le lastre – fotografate due volte – presentano una tonalità nera predominante. Il processo di realizzazione restituisce allusivamente la manomissione delle funzioni mentali, l’ecolalia e il colore
simbolico dell’area del cervello (Substantia Nigra) coinvolta nella malattia. In alcune immagini più recenti invece, realizzate utilizzando l’intelligenza artificiale, la stringa di parole processata ci restituisce una sorta di Venere anziana, metafora di forte contrasto agli stereotipi della bellezza, sanità e perfezione che l’immaginario attribuisce al corpo femminile.

Massimiliano Fabbri scrive che il disegno «scava e buca, ricuce frammenti, mancanze e pezzi sparsi cercando di tenerli insieme come un archeologo, perchè ha a che fare, sempre, con la memoria». I delicati ritratti – realizzati in due serie nel 2020 e nel 2023 – e il grande nudo a olio della madre propongono una relazione inedita in cui si esplora con attenzione, e quasi si manda a memoria, ogni piccola curva di sopracciglio, ogni verticale di tempia, opponendo una resistenza affettiva all’azione del tempo. Se il disegno cerca di coprire la distanza nel tempo e nello spazio, tenta di colmare la perdita di qualcuno o qualcosa – per questo ha tanto a che fare col concetto storico della malinconia mantiene anche la capacità di ripercorrere un volto e un corpo per riconoscerlo e comprenderlo meglio. I ritratti della madre, basati su una quotidiana sequenza di scatti fotografici, entrano in un dialogo muto e segreto con la serie di disegni rubati e copiati da un ciclo di autoritratti di Mattia Moreni, visti dall’artista trenta anni fa. Le pieghe del tempo si avvolgono e avvicinano sguardi apparentemente lontani.
Altrettanto lontana sembrerebbe la sequenza esposta di nature morte floreali, composizioni create con creatività dalla madre dell’artista sulla base di un alfabeto familiare prima che la malattia la bloccasse. Grazie a questa serie, Fabbri crea un approdo sicuro per questi ultimi messaggi in bottiglia.

La mostra fa parte di Bologna Estate 2025, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna e dalla Città metropolitana di Bologna – Territorio Turistico Bologna-Modena.

Aperture e orari
La mostra è visitabile a ingresso libero dal 22 maggio al 3 agosto 2025 nei seguenti orari:
martedì e mercoledì 15.00-19.00
da giovedì a domenica 10.00-13.00 / 15.00-19.00

Per maggiori informazioni:
segreteria@raccoltalercaro.it | www.fondazionelercaro.it

A questo link è possibile accedere all’area stampa e scaricare le immagini in alta risoluzione:
https://drive.google.com/drive/folders/1H8ZiLpwt0Ms90m7dKbZMqx9nzpMyXWjs